Il Santuario

Il Santuario di Rho è una delle più grandi basiliche della Lombardia.

Sul luogo dove oggi si trova il Santuario nel 1522 venne eretta una piccola cappella dedicata alla Madonna della Neve, in segno di ringraziamento per una grazia ricevuta da un aristocratico dell’epoca. Sul piccolo altare venne posto un quadro, il cui autore ci è oggi sconosciuto, raffigurante una Pietà. Il 24 aprile 1583, secondo i resoconti dell’epoca, quel quadro fu protagonista di un evento miracoloso: pianse lacrime di sangue. La cronaca, conservata presso la Curia milanese, racconta cosi:

“Una domenica, terminata la funzione, un certo Girolamo de Ferri con tre amici andò di nuovo all’Oratorio a fare un po’ d’orazione. Dopo alcune preghiere rimase solo il Ferri; questi, mentre pregava, osservò che il volto della sacra immagine era pallido più del solito, pensò che qualche pittore l’avesse recentemente ritoccato e ne uscì senza più pensarci. Mentre ritornava in paese si incontrò con l’amico Alessandro de Ghioldi, dal quale fu invitato a ritornare assieme all’Oratorio della Madonna. Mentre ambedue erano inginocchiati a pregare, Ghioldi, rivolgendosi a Gerolamo disse: – Vedi là come è sporco quell’occhio, non era così quando abbiamo detto il vespro -. Gerolamo rispose: – Non era così neppure poco fa quando mi sono trattenuto a pregare -. […] Gerolamo Ferri salì sull’altare, si fece dare un pannolino e cercò di pulire il volto della Madonna. Se non che notò che l’occhio della Madonna era tutto rosseggiante e che spuntavano altre due lacrime di sangue che scesero fino alle labbra, ed una terza le seguiva fermandosi sotto il mento. Fu avvertito del fatto il Prevosto Traiano Spandrio, che si recò sul posto con il prete Viviani Prati e con Giovanni Giolti, Notaio Apostolico. Viviani salì sull’altare e toccò l’occhio della Vergine, ancora umido di sangue, tanto da bagnarsi il dito. Le pareti avevano tracce di umidità, ma il pannolino esaminato recava evidenti macchie di sangue. Il Prevosto avvertì subito l’Ordinario di Milano. L’Arcivescovo fece svolgere le indagini con estremo rigore, e durante tale periodo si verificarono altri prodigi, e si raccolsero testimonianze sulle grazie straordinarie che anche in passato la Madonna aveva elargito. San Carlo, appena ebbe il rapporto, promosse ulteriori indagini; ma al termine esclamò: – Qui c’è il dito di Dio -.”

L’arcivescovo, il futuro San Carlo Borromeo, ordinò all’architetto Pellegrino Tibaldi la progettazione di un Santuario per il culto mariano allo scopo di commemorare il miracolo. La posa della prima pietra avvenne solo un anno dopo, il 6 marzo 1584, e il nuovo luogo di culto avvolse la piccola cappella, che pure oggi è ancora accessibile dall’esterno.

L’impostazione architettonica fu già definita nell’originario progetto del’architetto di San Carlo, Pellegrino Tibaldi, che pensò ad una grandiosa basilica a croce latina, con una vasta navata adatta a contenere enormi flussi di pellegrini.

La lunghezza della navata maggiore è pari a metri 74, il braccio del transetto maggiore pari a metri 43, la cupola raggiunge l’altezza di metri 54 mentre il campanile è alto metri 75. Ai fianchi della navata si aprono otto cappelle laterali, quattro per lato.

Lo schema planimetrico pellegrinesco fu sostanzialmente rispettato durante il complesso cantiere di costruzione della chiesa, iniziato nel 1584 e proseguito nel corso del primo quarto del Seicento con interventi di Martino Bassi, Dionigi Campazzo, Aurelio Trezzi e forse Fabio Mangone. La maggiore rinuncia al progetto originario coincide con la mancata realizzazione del vasto quadriportico che doveva procedere la facciata, abbandonato a causa della costruzione del collegio affacciato sul piazzale del Santuario.

Notevole per ampiezza e architettura la luminosa cupola, eseguita tra il 1752 e il 1764 su progetto di Carlo Giuseppe Merlo, non senza complesse valutazioni statiche, caratterizzata da lesene binate di ordine corinzio e otto ampi finestroni. Certamente uno dei più impegnativi cantieri del panorama architettonico milanese nel XVIII secolo.

Altrettanto considerevole la facciata, disegnata da Leopold Pollack, ispirata a schemi cinquecenteschi, e selezionata tra gli altri progetti di Carlo Benedetto Merlo e Luigi Cagnola, decorata dai bei bassorilievi neoclassici di Grazioso Rusca.

Al centro del piazzale il monumento in bronzo a San Carlo Borromeo, eseguito nel 1883-1884 da Francesco Barzaghi.